Emilia Valenza

GIOVANNI LETO, A VILLA CATTOLICA I SUOI PRIMI QUARANT’ANNI D’ARTE

Emilia Valenza

 

 

Attraverso un percorso creativo lungo quarat’anni che lo ha visto presente in numerose esposizioni nazionali, Giovanni Leto (classe 1946) è oggi ospite, con una ampia selezione dei suoi lavori – circa settanta- della Galleria Civica d’Arte Contemporanea di Villa Cattolica, sede del Museo Renato Guttuso e spazio aperto ad un confronto “alto” tra la produzione artistica siciliana e quella internazionale.

Giovanni Leto. Opere 1963 – 2003 è il titolo della mostra che si presenta significativamente al pubblico con un olio del ’74 dedicato al padre, opera di forte pregnanza guttusiana che omaggia fortemente una figura fondamentale nella crescita individuale, politica e professionale dell’artista Leto. Il padre e la militanza politica nel partito comunista, il padre e il giornale L’Unità, assumeranno nella maturazione del giovane artista un ruolo, al tempo stesso, di riscatto del pensiero sociale e di trasformazione dell’immaginario artistico.

Se le opere degli anni Sessanta, La Notte del ’63, Paesaggio Urbano del ’64 e Composizione del ’65 rappresentano un ancoraggio iniziale alla tarda astrazione italiana – sebbene impregnata di suggestioni naturalistiche – nei lavori degli anni Ottanta (Leto salta a piè pari il decennio Settanta segnato per lui da un riflusso ideologico) si mostra chiaramente quel passaggio che costituisce il germe del suo lavoro successivo, il punto di partenza di una impostazione che vedrà la materia soggetto prioritario della sua ricerca formale e spaziale.

Da Spazzapan a Schwtters, attraverso la consapevolezza che la pittura può accogliere inserimenti “altri” rispetto al colore, Leto si spinge fino all’abbandono della superficie piana della tela, che finisce arrotolata sulla cornice esterna, con una operazione di accartocciamento che diventerà “il gesto” principale nella sua opera. Così la lettura informale del mondo, attraverso il gesto, il segno e la materia, trova una sintesi nei nuovi lavori dell’artista, che si affidano dalla seconda metà degli anni Ottanta in poi alla manipolazione della materia carta (il quotidiano rimane L’Unità). Con Cornici dipinte e fasciate (’84 – ’85) la pittura scompare, come del resto anche il collage, e l’assenza assume il valore di una diversa presenza, di immagini e contenuti attinti ad un repertorio interiore, privato.

Manipolare la carta – per Giovanni Leto non è mai accumulo, disordinata indistinta raccolta di carta abbandonata come rifiuto, – significa raggiungere il cuore della materia, sentirne le possibilità, scovarne le potenzialità atte a tradurre gli umori, le sensazioni, le vertigini creative dell’artista. Per questo Leto giunge alle corde rivestite di carta, capaci di invadere con dinamismi autonomi il piano della rappresentazione e di orientare l’occhio verso nuovi territori possibili.

Anni Novanta, è la fase degli orizzonti, dei deserti, delle gole, delle dune, degli abissi: paesaggi primordiali di rotolini di carta su fondi monocromi, dove spesso si riscontra un cuneo che affonda verso il centro della materia, verso il cuore dell’azione originaria. Nei racconti aniconici del 2002 Giovanni Leto torna al piano pittorico e il rotolo di carta diventa un segno grafico, si libera dalla costrizione della massa per diventare puro gesto evocativo, disegno carico di emotività. Nell’ultima sala, infine, Leto mostra i suoi totem, i segnali, quella ricerca che ha posto al centro il rapporto puro tra materia, colore e spazio, dove rimane sempre evidente quel piacere manipolativo che è essenza di tutta la sua opera.

Bibl.: Emilia Valenza, Giovanni Leto, a Villa Cattolica i suoi primi quarant’anni d’arte, in Giornale di Sicilia, 5 febbraio 2004