RITRATTO D’IGNOTO
Giovanna Cavarretta
Un’acuta capacità critica congiunta ad un’incessante ricerca artistica caratterizza la mostra personale di Giovanni Leto, inaugurata
il 5 dicembre 2019 e la si potrà visitare fino al 5 febbraio 2020,
presso la Cappella dell’Incoronata a Palermo.
L’esposizione, curata da Franco Lo Piparo, comprende una serie
di opere realizzate negli ultimi anni, quasi a coronamento di una
produzione che intende porsi come punto d’inizio di ulteriori indagini espressive. Preannunzio di questo nuovo percorso è l’imponente installazione “Corpus
Temporis”, costituita da tredici elementi cartacei, che pende dal soffitto
della Cappella sostenuta da fili di
nylon. Le opere librandosi in estrema
libertà sono sospese “nel tempo e nello
spazio”. Il corpo in balia del tempo che
scorre subisce una profonda trasmutazione. Le informazioni contenute nei
fogli di giornale si consumano, sbiadiscono parole, eventi e concetti che dapprima erano contenitori vivi
di esistenze o accadimenti, ora, invece assumono la valenza dell’Oltre; presenze scarne,spoglie disignificati, corpi divenuti prima
scheletri e poi polvere che lo spazio assorbe e disperde. L’opera,
così, sembra svanire nel Vuoto, in quella dimensione Altra dalla
quale Tutto, forse, si origina o si ricrea. Essa rappresenta un importante traguardo per l’artista: la materia divenuta corpo conquista lo spazio. Il connubio tra fisicità ed ambiente circostante volto
a dar vita ad una differente e soggettiva semantica espressiva, gli
consente di sperimentare una pluralità di linguaggi e dare una
nuova tridimensionalità alle opere. L’operazione manuale esprime
il fulcro della creazione di Giovanni Leto. L’atto dell’attorcigliare,
di arrotolare i fogli di giornale assume le caratteristiche di un rito.
Un processo intriso di una grande valenza estetica. Infatti, il dare
forma consente all’artefice di manipolare, modificare, la realtà,
stimolando nell’osservatore una profonda riflessione sulla società
odierna.
Un “fare arte” che si snoda nei meandri dell’esistenza, ne manifesta l’impermanenza, ponendosi come contenitore di valori etici e
culturali in una contemporaneità quasi spogliata della propria
umanità. L’indagine di Giovanni Leto si presta ad un’azione meditativa del reale accompagnata da una sofisticata analisi diretta a
suscitare una rinnovata attenzione fra tradizione e innovazione.
Un modo di concepire l’arte che si individua nel dualismo conoscitivo di dissoluzione e ri-creazione dell’oggetto, la cui attività
di pensiero si espleta nell’invenzione di ulteriori composizioni mediante un linguaggio non verbale.
Un’evoluzione, quindi, autonoma, pronta a cogliere e a restituire
un percorso ideativo, che oltrepassando i dettami della tradizione
artistica, viene scandito dall’azione comunicativa che l’Arte esercita sul fruitore, suscitandone un atteggiamento contemplativo,
che determina una successiva esperienza estetica.
Bibl.: Giovanna Cavarretta, Giovanni Leto Ritratto D’Ignoto, in Settimanale di Bagheria, n. 868 – 22 gennaio 2020
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