Luigi Biondo
Il filosofo Luca Maffiotti, in un recente saggio, usa l’espressione ‘esperienza
del significato’ per tentare di chiarire la dimensione semantica tipica del
linguaggio in tutte le sue forme, attraverso il piano dell’esperienza con una
valenza concettuale e metaforica. Un modo coerente e razionale di leggere
il mondo e la sua realtà.
Le opere di Giovanni Leto possono accompagnarci in questo percorso
interiore e fornire una chiave di lettura nuova e forte. La sua mostra, sviluppata
presso la Cappella dell’Incoronata di Palermo, risente inevitabilmente
del rapporto fra arte ed architettura, fra genius loci e sacralità degli spazi
grazie alla sua pratica trasformativa che è ricerca della verità. L’arte non
giunge mai ad una verità definitiva, perché la natura delle cose sembra non
poter essere pensata direttamente, e rimane sempre un campo infinito di
possibilità cangiante, senza forma né struttura.
Giovanni Leto investiga la realtà tramite esperienze, significati e materia.
La carta è apparentemente una materia fragile e quasi impalpabile eppure
le forme che questo artista siciliano impone e modella la rendono tenace e
solida. Non è casuale il riferimento a quel “Deserto dei Tartari”, memoria di
uno straordinario Giovanni Soldati, dove il paesaggio geografico è specchio
del tratto umano spesso solitario ed arrendevole ma in cerca di tenacia e
solidità.
La nostra visita, alla scoperta delle opere di Giovanni Leto e dei luoghi
che le accolgono, non dovrà limitarsi ad istituire relazioni, leggi e norme
ma a considerare che la materia è sempre, nel suo processo nascente di
individuazione, strumento per completare l’intero del nostro sapere.
Bibl.: Luigi Biondo, Presentazione, Giovanni Leto Ritratto D’Ignoto, ed. Ezio Pagano, 2019 Bagheria (PA)
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